Donne attenzione alle fibrillazioni atriali, diversi studi evidenziano come questa aritmia possa diventare un vero fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Ci sono infatti dei legami pericolosi tra persone ipertese con fibrillazione atriale e rischi di eventi cardiovascolari, soprattutto se queste sono donne.
Cosa è la fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia sopra ventricolare innescata da impulsi elettrici provenienti da cellule muscolari miocardiche presenti a livello della giunzione tra le quattro vene polmonari e l’atrio sinistro. In altri termini si parla di fibrillazione atriale quando il battito cardiaco diventa irregolare e accelerato.
Si è scoperto che è la più diffusa in generale e il rischio di esserne soggetti cresce con l’avanzare dell’età.
Alcune persone non avvertono alcun sintomo, vivendo tranquillamente senza conoscere la loro condizione. Coloro che invece manifestano sintomi solitamente percepiscono l’irregolarità del battito cardiaco, accompagnato dal cosiddetto “tuffo al cuore”. Seguono poi altri sintomi quali debolezza, stordimento, confusione, difficoltà respiratorie e dolore al torace a seconda dell’entità delle fibrillazioni atriali e dalla durata delle stesse. Quando si avvertono queste sensazioni è importantissimo avvisare il proprio medico di fiducia o qualora non sia possibile recarsi in pronto soccorso. Infatti se si tratta di fibrillazione atriale è importante iniziare una terapia appropriata.
La FA è l’aritmia più frequente nelle persone che soffrono di ipertensione arteriosa.
Negli ultimi anni sono stati studiati diversi casi di persone con fibrillazione atriale e si è scoperto che questa può essere considerata come un vero e proprio fattore di rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari. Se il soggetto è iperteso dovrà prestare maggiore attenzione agli eventi di fibrillazioni atriali perché queste due patologie giocano un ruolo del tutto negativo sul sistema cardiaco in generale. Il rischio aumenta nelle donne che a differenza degli uomini risultano essere più compromesse.
Lo studio sulle fibrillazioni atriali
La ricerca pubblicata sul British Medical Journal, condotta dagli scienziati dell’Università di Oxford, di Sydney, di Toronto e del Massachusetts Institute of Technology di Boston, ha evidenziato come le donne sono visibilmente più a rischio di insorgenza di eventi cardiovarscolari rispetto all’altro sesso quando risultano affette da fibrillazione atriale. Avere questa aritmia infatti diventa un determinate fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa, che possono creare problemi ben più gravi come infarto, ictus e danno d’organo.
Lo studio è molto chiaro: maggiore è l’incidenza della FA maggiore è la possibilità di avere eventi cardiaci gravi. La fibrillazione atriale è responsabile del 15-18% di tutti i casi di ictus (poco meno di 2 casi su 10) e circa una persona su tre con fibrillazione atriale va incontro a ictus nel corso della vita. Si deve per questo motivo prestare molta attenzione poiché si è scoperto che gli ictus associati a FA presentano una prognosi meno favorevole, con una maggiore prevalenza di invalidità a distanza di tempo (il rischio aumenta del 50%) e una maggiore mortalità.
Conclusioni
Con la salute non si scherza, bisogna sempre prestare attenzione. Le fibrillazioni atriali sono state riconosciute come un vero e proprio fattore di rischio di incidenza di malattie cardiovascolari, che come sappiamo possono provocare problemi ben più gravi come ictus infarto e danno d’organo. Vi raccomandiamo per questo motivo di non sottovalutare questa aritmia, ricordandovi che le donne risultano essere più a rischio degli uomini.
- Bibliografia scientifica
Atrial fibrillation as risk factor for cardiovascular disease and death in women compared with men: systematic review and meta-analysis of cohort studies BMJ 2016; 352 doi: http://www.bmj.com/content/352/bmj.h7013 - Atrial fibrillation and risk of stroke: a nationwide cohort study. Europace. 2016 Feb 2. pii: euv401 Link: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26838693