Effetti dell’ipertensione sulla struttura cardiaca

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Modifiche strutturali del cuore

Ben prima della comparsa dei sintomi, gli effetti dell’ipertensione arteriosa portano a modifiche della struttura cardiaca che possono mettere i pazienti a rischio di morte precoce. Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato sul Journal of American College of Cardiology: Cardiovascular Imaging, da cui emerge che è possibile riconoscere tempestivamente tali modifiche grazie all’uso di un nuovo tipo di imaging cardiaco. I ricercatori dell’MRC Clinical Sciences Centre all’Imperial College London hanno utilizzato le scansioni della risonanza magnetica (MRI) per creare una mappa in tre dimensioni del cuore di 1.500 persone, utilizzando le tecnologie informatiche più recenti per esplorare la struttura miocardica di ogni partecipante allo scopo di stabilire con la massima precisione le modifiche di forma e funzione dovuti agli effetti dell’ipertensione. «Ciò ha rivelato che anche negli adulti sani un modesto aumento pressorio può portare a un ispessimento del muscolo cardiaco, un fenomeno noto per essere un fattore di rischio di morte prematura» spiega Declan O’Regan, coautore dello studio. La malattia è spesso asintomatica, e l’unico modo per scoprirla è quello di misurare ripetutamente i valori pressori, specie in presenza di fattori di rischio come obesità e diabete. Viene precisato che la nuova tecnologia di imaging cardiaco tridimensionale consente la visione diretta del cuore evidenziando un sorprendente livello di dettaglio. «Il rischio di ipertensione arteriosa è ben noto, ma queste scansioni mostrano che i primi segni di danni cardiaci, riconducibili agli effetti dell’ipertensione, possono iniziare anche in persone completamente sane» scrivono gli autori. «E ciò suggerisce che qualsiasi aumento, anche minimo, della pressione sanguigna può mettere il cuore sotto sforzo» dice O’Regan, affermando che questi risultati permetteranno ai medici di riconoscere i segni della cardiopatia ipertensiva in una fase molto più precoce rispetto al passato. «Il prossimo passo è quello di cercare eventuali differenze genetiche tra le persone che sviluppano modifiche cardiache precoci in seguito a un aumento pressorio rispetto a chi invece non mostra tali cambiamenti» concludono i ricercatori.
La cardiopatia ipertensiva consiste nell’aumento della massa del ventricolo sinistro, ovvero nell’ipertrofia della parete.  Sotto un certo punto di vista la presenza di Ipetrofia Ventricolare Sinistra (IVS) nei pazienti ipertesi può apparire paradossale, infatti, se da un lato l’IVS attenua l’effetto sfavorevole del sovraccarico pressorio sulla parete ventricolare e aumenta la funzione di pompa, dall’altro la sua presenza implica un sostanziale aumento del rischio cardiovascolare. La presenza di IVS precede e promuove lo sviluppo di disfunzione sistolica e/o diastolica e, a lungo termine, l’insorgenza di scompenso cardiaco congestizio. Inoltre l’IVS costituisce uno dei principali fattori di rischio indipendenti per morbilità e mortalità cardiovascolare nella popolazione generale e, ancor più, nel paziente iperteso, nel quale comporta un rischio da due a quattro volte maggiore di eventi di tipo aritmico o ischemico.
La presenza di IVS nella gestione del paziente iperteso è fondamentale. Essa, infatti, non soltanto consente di precisare il rischio globale del paziente e di individualizzare gli obiettivi terapeutici, ma può servire da endpoint surrogato per verificare l’efficacia della terapia antipertensiva.
L’ipertensione sistemica provoca un incremento dello stress telesistolico sul ventricolo sinistro e conseguentemente promuove una serie di processi biocellulari che esitano in una maggiore deposizione di sarcomeri all’interno del cardiomiocita. Il risultato finale è un aumento della massa ventricolare che tende a controbilanciare e ridurre lo stress di parete.

Conoscere gli effetti dell’ipertensione è il primo passo per capirne la rilevanza.

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Bibliografia scientifica di seguito: