Bradicardia e malattie cardiovascolari

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Vari studi hanno evidenziato come la bradicardia o brachicardia non sia un vero e proprio fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa.

Cos’è la bradicardia?

La bradicardia o brachicardia è la riduzione della frequenza cardiaca inferiore al valore di 60 battiti per minuto (bpm). Gli esperti differenziano 3 tipi di bradicardia:

  • bradicardia lieve quando la frequenza cardiaca è compresa tra i 50 ed i 59 bpm
  • bradicardia moderata quando la frequenza cardiaca è compresa tra i 40 ed i 49 bpm
  • bradicardia grave quando la frequenza cardiaca è compresa inferiore ai 40 bpm

Studi evidenziano come questa patologia non deve essere considerata in relazione con i principali fattori di rischio di malattie cardiovascolari.

La bradicardia infatti varia il normale apporto di sangue ai vari distretti dell’organismo, rendendolo spesso insufficiente alla richiesta metabolica. Per questo motivo in queste condizioni sono spesso ben visibili alcuni sintomi quali: senso di vertigine, dispnea, fatica/astenia, sincope, confusione, dolore toracico e disturbi neurologici.

La bradicardia non aumenta il fattore di rischio cardiovascolare

In soggetti di giovane età può accadere che venga riscontrata una bradicardia sinusale associata a ipertensione arteriosa. Non c’è in realtà da preoccuparsi poiché nella maggior parte di casi la patologia è riconducibile a uno stile di vita troppo frenetico, ansioso o stressante; se la bradicardia è asintomatica, cioè non vi sono dei sintomi, basterà variare le cattive abitudini per riuscire a riportare tutto nella norma.

I ricercatori coordinati da Jay Dharod della Wake Forest School of Medicine, Winston-Salem, USA hanno dimostrato come la bradicardia di per sé non aumenti la mortalità causata da malattia cardiovascolare, ma può essere rilevante in un paziente con malattia cardiovascolare.
È stata eseguita una analisi retrospettiva che ha incluso 6.733 partecipanti al Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis, in cui erano stati reclutati soggetti che non presentavano evidenze di patologie cardiologiche in età compresa tra i 45 e gli 84 anni.

Dallo studio è emerso che i 5.831 partecipanti, che durante lo studio non hanno assunto un farmaco bradicardizzante, avevano frequenza cardiaca (FC) media di 63 bpm, e di questi il 5,3% avevano un FC al di sotto dei 50 bpm. Valutando l’incidenza di malattie cardiovascolari rispetto alla frequenza cardiaca rilevata, si è notato che non esisteva una associazione tra una FC inferiore a 50 bpm e l’incidenza di malattia cardiovascolare in entrambi i sottogruppi (chi ha assunto o no farmaci bradicardizzanti).

I ricercatori hanno evidenziato che tra i partecipanti che non assumevano farmaci bradicardizzanti, il rischio di mortalità non era variato per frequenze minori di 50 bpm, mentre il rischio aumentava superando gli 80 bpm. Al contrario per la popolazione che assumeva farmaci bradicardizzanti si è riscontrato un elevato rischio di mortalità associato a una frequenza cardiaca inferiore a 50 bpm.

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Bibliografia scientifica di seguito: