Uno studio pubblicato su Medicine and Science in Sports and Exercise afferma che l’allenamento dinamico riduce la pressione arteriosa, e afferma che questi risultati sono meno evidenti nei soggetti normotesi (il calo pressorio è di circa 2-3 mmHg) mentre la differenza è più evidente nei soggetti ipertesi, nei quali la differenza pressoria è di circa 6-7 mmHg. In realtà il grado di ‘normalizzazione’ della pressione arteriosa nei soggetti ipertesi dipende anche dall’intensità dell’esercizio fisico e dalla quantità. Uno studio scientifico pubblicato su Journal American Heart Association ha messo in evidenza come ci sia una riduzione della pressione sistolica e/o diastolica a seconda della disciplina effettuata. Per esempio per quanto riguarda la pressione sistolica le discipline più ‘ipotensive’ sono l’endurance training con riduzione della PAS (pressione arteriosa sistolica) di circa -3.5 mmHg, l’esercizio dinamico di circa -1.8 mmHg, l’esercizio isometrico di -10.9 mmHg. Per quanto riguarda la pressione diastolica abbiamo -2.5 mmHg per l’endurance training, -3.2 mmHg per l’esercizio dinamico, -6.2 mmHg per l’esercizio isometrico. Quindi l’endurance training, l’allenamento dinamico, e l’esercizio isometrico riducono la pressione sia sistolica che diastolica, mentre se queste discipline vengono combinate l’effetto ipotensivo si ha solo sul valore diastolico ma non sistolico.
Effetto sulla prevenzione dell’ipertensione
È stata dimostrata una relazione inversamente proporzionale tra volume e intensità di attività fisica e il rischio di una futura insorgenza di ipertensione arteriosa nei maschi bianchi, ma non nelle femmine.
Effetto sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa a riposo
L’attività di endurance ha la capacità di abbassare la frequenza cardiaca a riposo mediante un innalzamento del tono vagale, un abbassamento delle resistenze periferiche, una diminuzione del tono simpatico e un rimodellamento cardiaco.
Ipotensione post allenamento
È stata descritta una riduzione della pressione arteriosa di circa 15 e 4 mmHg della sistolica e della diastolica rispettivamente al termine di esercizi dinamici come il jogging e la corsa. L’effetto ipotensivo si manifesta in soggetti normo ed ipertesi, e può durare per diverse ore dal termine dell’esercizio, ma comunque entro le 22 ore. L’entità del calo pressorio sembra essere indipendente dall’intensità, dalla durata e dal tipo di allenamento, rendendosi manifesta anche per esercizi di 3 minuti ad una intensità del 40% V02max. L’effetto ipotensivo è maggiore per i soggetti ipertesi, in cui una parte del calo pressorio può essere dovuta ad una maggior sensibilizzazione dei barocettori arteriosi, mentre nei soggetti normotesi il fattore principale è la riduzione delle resistenze periferiche e l’aumentato tono vagale.
Esistono ancora molti problemi aperti sull’impiego ottimale dell’attività fisica come strumento per la prevenzione degli eventi cardiovascolari, gli studi che hanno preso in considerazione soggetti impegnati in attività sportive di tipo strenuo sono pochi. Inoltre, alcuni studi mostrano che un regolare esercizio fisico è in grado di ridurre la pressione alta e prolungare la sopravvivenza, ma che l’attività sportiva intensa condotta da individui sani non conferisce importanti benefici. Prima di prescrivere un determinato tipo di attività fisica è necessario dunque, valutare il soggetto iperteso verificando il comportamento del suo apparato cardiovascolare. In generale possiamo affermare che gli sport più indicati per i soggetti con cardiopatia ischemica sono quelli con metabolismo aerobico (perciò di resistenza piuttosto che di potenza), a medio o basso impegno cardiocircolatorio (con incrementi di frequenza cardiaca e pressione arteriosa contenuti).
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Bibliografia scientifica di seguito:
- Exercise characteristics and the blood pressure response to dynamic physical training (Med. Sci. Sports Exerc., Vol.33, No. 6, Suppl., pp. S484–S492, 2001) http://www.indiana.edu/~k662/articles/htn/fagard%20dose%20resp.pdf
- Exercise Training for Blood Pressure: A Systematic Review and Meta‐analysis J Am Heart Assoc. 2013 Feb; 2(1): e004473. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3603230/